La festa nasce a Gargnano

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Incontro, sul lungolago di Garda, Giovanni Dusi, ingegnere e scrittore di libri che hanno avuto molto successo.

Gulliver Junior, il protagonista del suo più recente romanzo, è un navigatore solitario. Questa qualificazione – gli do-mando – rispecchia la sua passione per la vela?

Nella cultura specie anglosassone – mi risponde – c’è un filone classico di letteratu­ra anche non avventurosa, che racconta storie marinare. E l’eterna spinta ad af­frontare l’ignoto: la partenza è il momento in cui si apre ogni possibilità e speranza, mentre il ritorno è quello pacificante della sicurezza riconquistata. In mezzo c’è il viaggio, la scoperta di terre sconosciute, la lotta con gli elementi, la sfida alle forze spesso nemiche della natura, e quel tessuto di rapporti umani, complicati dall’isola-mento e dalla lontananza, che s’intrecciano nella vita di bordo o in porti lontani. Basta pensare a Stevenson, Conrad e Melville. La mia, perciò, è più che altro una passione letteraria, Gulliver Junior, tra il resto, ter­mina la sua navigazione dopo poche pagi­ne, vittima di un naufragio in un’isola igno­ra, dove si svolge una civiltà pacifica e tol­lerante. Un’isola felice, il regno dell’Uto­pia, ma forse anche l’andare in barca ri­sponde a questo desiderio di allontanamen­to, di distacco dai molti e insoluti problemi

che ci troviamo a vivere quotidianamente.

Comunque però lei in barca c’è anda­to e continua ad andarci. Non ha partecipa­to alla prima edizione delle Centomiglia?

Sì, a propormelo fu Piero Guarienti, che ancora viene ricordato sul Garda come «il conte Piero». Oltre a noi due l’equipag­gio era formato da Almachiara Cometti e da un pescatore di Garda. Piero aveva una vecchia 5,50 a deriva mobile, la Barbara, in legno ovviamente e vele di tela. Alle prime Centomiglia poteva partecipare qualsiasi ti­po di barca, di derive 5,50 allora ce n’erano parecchie e così formavano una categoria. Anche le altre barche, d’altronde, erano tutte vecchie, anteguerra: doveva passare molto tempo, infatti, prima di poter vedere i risultati delle nuove tecniche costruttive e di progettazione, i gusci in vetroresina, le attrezzature sofisticate, per non parlare di quelle perfette macchine da regata che sono le attuali imbarcazioni.

Che cosa ricorda di quella prima Cen­tomiglia?

C’era un clima più festoso che com­petitivo. Il percorso allora era diverso: si la-sciava Gargnano con 1’«ora», si virava a Malcesine di nuovo per Gargnano, si scendeva per Maderno fino a Desenzano, si ri­tornava per Sirmione, S. Vigilio, Torri e Gargnano. Ma quel giorno 1’«ora» spirava fiaccamente, per cui ci trovammo tutti in piatta vicino a Malcesine. In attesa di brez­ze notturne, si faceva il bagno, si ascoltava musica, si chiaccherava da una barca all’al-tra. Solo dopo la boa di Desenzano, rag­giunta faticosamente durante la notte, si entrò nel pieno della competizione. Il «soar» soffiava gagliardo, con onde secche che innondavano la nostra deriva. All’alba, verso S. Vigilio, ci accorgemmo con sorpre­sa di essere in testa nella nostra categoria con largo vantaggio. Dopo Torri iniziam­mo un lungo bordo verso Gargnano con il vento sempre più forte, quando saltò una sartia e l’albero si spezzò di schianto all’al­tezza delle sartiole. Così finiva la mia prima Centomiglia.

Che però non fu l’ultima…

No, alcuni anni dopo partecipai ad altre due edizioni di questa regata. Avevo un Lightning, una deriva progettata e mol­to diffusa negli Stati Uniti. Anche sul Gar­da ce n’erano abbastanza per formare una categoria. Il primo anno vinsi la mia classe, molto aiutato dalla fortuna. Il percorso si era allungato fino a Torbole e Riva. Un’«ora» fortissima mise ben presto in dif­ficoltà molte barche; due Lightning che mi precedevano di qualche metro si rovescia­rono quasi contemporaneamente, mentre io stesso me la cavai tagliando una scotta dello spi. Avevamo appena finito di rimet­tere ordine in barca e di cambiarci gli indu­menti fradici, che al largo di Riva ci colse un temporale violento. Varie barche si rifu­giarono in porto, e tra queste anche un paio di nostri diretti concorrenti. Credo che a quel punto di Lightning ne fossero rimasti in gara solo due o tre. Un colpo di vento più forte strappò dalla nostra randa tutte le slitte d’inferimento lungo la rotaia dell’al­bero. Sotto la pioggia battente ci mettem­mo a ricucire le slitte alla vela, fermi per quasi un’ora e ritrovandoci decisamente ul­

timi tra le imbarcazioni superstiti.

Ma dopo il tramonto le barche che ci pre­cedevano si ritrovarono in piatta vicino a Gargnano, e noi, con nostra grande sorpre­sa e aiutati da deboli brezze da terra, riu­scimmo a rientrare nel gruppo. Da quel momento le cose andarono meglio, a Sir­mione passammo in testa nella nostra cate­goria e arrivammo primi a Gargnano prece­dendo il Lightning di Cherubini, del circolo di Torri.

E l’anno dopo?

L’anno dopo il risultato si capovolse: vinse Cherubini e io fui secondo. Per me fu l’ultima Centomiglia come timoniere, an­che se partecipai ad altre edizioni della re­gata su barche di amici.

La differenza tra allora e oggi?

Si correva con barche meno sicure e veloci, e con poca preparazione, mentre è chiaro che certi risultati attuali si possono ottenere solo con una qualche misura di pro­fessionismo. La faccenda, però, personal-mente mi coinvolge poco, per la stessa ragio­ne per cui, se decidessi di assistere ad una partita di calcio, preferirei vedere il Garda contro il Bussolengo, piuttosto che due squadre di serie A. Nel primo caso c’è più gusto per il gioco, divertimento, e anche iro­nia; nel secondo una seriosità esagerata, co­sti e sprechi sproporzionati. Così per la vela, che a me interessa soprattutto come momen­to distensivo, rapporto attivo con la natura, esercizio fisico, occasione di stare insieme con amici. E chiaro però che la competitività ha molto contribuito a diffondere lo sport velico, e questo è importante, anche perché chi compera una barca a vela non compera un motoscafo: e i motoscafi sono orrendi, consumano idrocarburi, inquinano e rom­pono l’anima; le vele invece sono bellissime, silenziose, civili, si gonfiano col vento, con una delle nostre poche fonti d’energia natu­rali e rinnovabili.

Piero Vantini

La centomiglia

Da oltre 70 anni, la Regata che anima le acque del Garda. Scopri di più.

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